Chiunque abbia guardato almeno una volta in vita sua un kdrama in costume avrà notato che i personaggi, quando scrivono, usano i caratteri cinesi. Come tutti ben sappiamo, però, in Corea si usa l’hangul, una scrittura completamente diversa e autonoma.

Qual è la storia di questo alfabeto? Scopriamolo.

La prima forma di scrittura che si diffuse nell’attuale regione geografica della Corea fu, appunto, il cinese, impostosi tanto attraverso conquiste militari quanto attraverso influssi culturali. Bisogna arrivare al 1443 d.C. quando un gruppo di letterati attorno al re Sejong (tradizionalmente considerato il padre dell’hangul) ideò una nuova forma di scrittura, che venne promulgata ufficialmente nel 1446.

L’hangul era dunque nato, anche se per i primi quarant’anni circa venne usato solo per glossare testi cinesi. Questa nuova scrittura, in principio alfabetica e poi trasformata in sillabica, si scriveva in colonne verticali da destra verso sinistra; la forma orizzontale da sinistra a destra è un’evoluzione successiva.

La vita dell’hangul non era tuttavia destinata a essere semplice e lentamente cadde in disuso a favore di un ritorno alla scrittura cinese, più complessa e, proprio per questo, più elitaria. A partire dal XVII secolo l’hangul venne completamente abbandonato.

Nel 1910, però, la Corea divenne una colonia giapponese. Questa dominazione straniera diede un forte impulso nazionalistico e i movimenti di resistenza riportarono in auge l’hangul come elemento di orgoglio e unificazione per il Paese. A partire dal 1945 la Corea del Nord ha completamente abolito l’uso di qualsiasi segno cinese; in Corea del Sud, invece, permane una commistione fra le due scritture, anche se l’hangul sta lentamente prendendo il sopravvento.

Come accennato sopra, l’hangul è una scrittura sillabica, quindi ogni segno rappresenta un suono e non un concetto. Ha inoltre una caratteristica unica: infatti le lettere non si susseguono una dopo l’altra ma sono raggruppate in blocchi sillabici che la rendono visivamente piuttosto simile alla scrittura cinese, soprattutto per un occhio inesperto. Ogni blocco è composto da vocale e da consonante, che possono anche essere doppie. Alcuni segni diffusi un tempo, come i punti per indicare il tono, sono caduti completamente in disuso. Un aspetto che distingue facilmente l’hangul da altre scritture asiatiche vicine è l’uso dello spazio per staccare le parole le une dalle altre. Un piccolo grande aiuto per tutti coloro che vogliono cimentarsi nello studio di questa lingua.

Fonti:

M. Cimarosti, Non legitur. Giro del mondo in trentatré scritture, ed. Stampa Alternativa&Graffiti, 2005

S. Curto, La scrittura nella storia dell’uomo, ed. Cisalpino, 1989

G.R. Cardona, Storia universale della scrittura, ed. Arnoldo Mondadori, 1986

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